Le nuove generazioni ridefiniscono il successo?

Il concetto di successo, per i giovani di oggi, ha un significato molto diverso rispetto a quello che aveva per le generazioni passate. Se per i baby boomer è connesso al successo economico, per le nuove generazioni è invece un concetto sempre più legato al benessere e all'equilibrio della persona. E' un cambio radicale, di cui bisogna tenere conto.

Oggi un leader deve saper dialogare tra più generazioni, con i giovani più sensibili alle grandi questioni sociali e ambientali attuali, e i meno giovani che portano grande esperienza, know how e competenza nella gestione delle situazioni particolarmente complesse. Trovare un equilibrio fra le diverse istanze e sensibilità diventa un fattore determinante, non solo per favorire una collaborazione proficua nel raggiungimento degli obiettivi di breve e medio periodo del business, ma anche per pianificare un ricambio della leadership graduale e senza strappi.

Prendendo come esempio l'Italia, l'età media dei CEO nel settore finanziario si attesta sui 60 anni, superiore di cinque anni rispetto alla media europea. Questa discrepanza ha conseguenze tangibili sull'economia nazionale e, quindi, internazionale. Secondo il report di Bain & Company con Key2people, tale discrepanza comporta un costo che per l'Italia che si aggira intorno all'1/2% del PIL.

La leadership giovane, oltre a portare freschezza e innovazione, ha un valore quantificabile che si aggira tra i 20 e i 40 miliardi di euro. Questa stima dice chiaramente che investire nelle nuove generazioni e fornire loro le opportunità e le risorse necessarie per sviluppare appieno il proprio potenziale ha un impatto concreto. La leadership più esperta può contaminare i giovani, fin da quando sono studenti, attraverso il proprio esempio: testimonianza concreta di cosa significa avere successo nel business, ma anche trasmissione di valori fondamentali per una leadership etica e responsabile.

Tuttavia, nonostante la rilevanza economica e sociale di una leadership giovane e dinamica, sorge un'interessante riflessione: e se i giovani stessero rinunciando a diventare leader? Questa eventualità solleva una serie di interrogativi sulle aspirazioni e le prospettive dei giovani nel mondo del lavoro. Capire perché si può preferire essere follower anziché leader in una cultura meno "successo-centrica" può offrire nuove prospettive e contribuire a ridefinire i concetti tradizionali di leadership e successo. Secondo il mio parere e il mio costante contatto con i giovani, è il sintomo di un profondo cambiamento culturale che stiamo vivendo.

I giovani sono immersi in un contesto caratterizzato dalla velocità dei cambiamenti e dalla complessità delle sfide globali. Le loro aspettative e priorità differiscono significativamente da quelle delle generazioni precedenti. Ricercano dibattito, confronto e hanno una visione del lavoro e della vita molto più integrata e multidimensionale. Questa nuova prospettiva richiede un approccio più flessibile e inclusivo da parte delle organizzazioni e dei leader più anziani. La prossima generazione deve essere incoraggiata a imparare, interrogarsi e mettersi alla prova il più rapidamente possibile, affinché possa assumere il testimone della leadership con sicurezza e consapevolezza.

Investire nelle nuove generazioni in ambito finanziario non è solo questione di continuità e sostenibilità, ma di promuovere anche in questo settore una cultura più inclusiva e orientata al futuro. Il passaggio verso nuovi approcci può e deve essere veloce, come veloci sono i trend che ci stanno accompagnando: l'invecchiamento della popolazione e la rapida evoluzione tecnologica, ad esempio. Trend che richiedono una leadership agile e innovativa, in grado di adattarsi ai cambiamenti e di cogliere le nuove opportunità che ne scaturiscono.

Andrea Mennillo
Fondatore e Direttore Generale, International Development Advisory
Presidente Fordham University London Centre Advisory Board
Presidente Riviera Airport

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Guidare gli incontri con efficacia: i segreti della leadership autentica

Quando si ha acquisito un'esperienza significativa in un determinato ambito professionale, è comune dare per scontate molte competenze, dimenticando il lungo percorso fatto per apprenderle. Questo fino a quando non si ha l'opportunità di confrontarsi con le prospettive dei giovani studenti universitari che, con le loro domande, ti spingono a riesaminare in profondità determinati aspetti del tuo lavoro.

Come si gestiscono al meglio gli incontri in cui si confrontano figure diverse con idee diverse? Mi chiedono sempre più spesso i ragazzi. La risposta non è semplice, ma si condensa in una parola: autenticità. Essere un leader autentico oggi è una vera e propria competenza. 

Contrariamente alla concezione comune, la leadership non si limita all'influenza sull'altro o alla mera competenza tecnica. Al contrario, è la capacità di ispirare gli altri attraverso principi condivisi. Quando si conduce un momento di confronto, manifestare questo tipo di adesione valoriale al progetto, genera un effetto sinergico di partecipazione, che trasforma il lavoro di squadra in una potente forza motrice, portando a risultati straordinari che vanno oltre la semplice somma delle parti.

Tuttavia, il lavoro di squadra non implica omologazione, ma piuttosto esalta le differenze e le peculiarità dei singoli. I leader autentici sono coloro che favoriscono un ambiente in cui ogni voce è ascoltata e valorizzata, contribuendo così a una cultura del confronto costruttivo.

Ci sono numerosi esempi concreti di leadership "accessibile", in cui il leader non è una figura distante e autoritaria, ma piuttosto un riferimento vicino, capace di creare un confronto aperto e accogliente, esponendo il proprio punto di vista e ascoltando anche quello degli altri. In base alla mia esperienza e visione, queste sono le caratteristiche di un leader: che non impone la propria idea ma si fa portavoce di un approccio collaborativo e inclusivo.

Si tratta di un'arte che va al di là del mero comando o controllo. È la capacità di condurre il confronto ispirando fiducia, trasparenza e integrità, creando un ambiente in cui ogni persona si sente valorizzata e motivata a dare il meglio di sé.

Rispondendo a voi giovani studenti, chiudo con un messaggio che spero porterete con voi: “la parola conduce, l’esempio trascina”. Il valore di un leader si misura non solo dai risultati economici, ma anche da come questi sono raggiunti, tra autenticità e coerenza. 

Andrea Mennillo

Fondatore e Direttore Generale, International Development Advisory 

Presidente Fordham University London Centre Advisory Board

Presidente Riviera Airport

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Volare verso un futuro sostenibile: la trasformazione dei trasporti aerei

Un Boeing 787 della Virgin Atlantic alimentato esclusivamente a carburante ecologico ha portato a termine, per la prima volta nella storia per un volo commerciale a lungo raggio. Il 28 novembre 2023 il volo è partito da Londra ed è arrivato a New York grazie a un carburante sostenibile (SAF - Sustainable Aviation Fuel), composto principalmente da olio alimentare esausto e grasso animale di scarto.

Una notizia che forse non è paragonabile al primo volo del flyer dei fratelli Wright, ma è pur sempre una svolta significativa per quanto riguarda l’aviazione e la sua transizione verso la sostenibilità. L’impatto ambientale del settore aereo è un tema molto dibattuto, per cui viene naturale chiedersi quanto inquini veramente il settore aereo. In realtà, solo un terzo delle emissioni totali del settore sono imputabili al carburante, ambito che, peraltro, negli ultimi anni è migliorato tantissimo grazie a motori e soluzioni all’avanguardia che hanno ridotto considerevolmente i consumi. Ad esempio, in trent’anni, cioè dal 1990 al 2020, si è stimato che l’adozione di motori sempre più efficienti abbiano permesso di ridurre le emissioni da carburante del 43%, come emerge da uno studio dell’Associazione Tedesca per il Trasporto Aereo (BDL)[1]. Parallelamente, però, è cresciuta moltissimo la domanda di trasporto aereo e il numero dei voli è praticamente triplicato, con una prospettiva di ulteriore crescita nei prossimi anni.

Teniamo presente che oggi si parla sempre più di sostenibilità andando ben oltre il “solo” consumo di CO2, includendo tutte le effettive sostanze rilasciate nell’aria. Per questa ragione, il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2050 dovrà per forza includere interventi sulle strutture aeroportuali, responsabili per i restanti due terzi delle emissioni del settore.

Pertanto, gli aeroporti, per adeguarsi ai nuovi standard sulle emissioni, dovranno sempre più investire in ammodernamenti, in energia pulita (in particolare i pannelli fotovoltaici), in soluzioni di mobilità elettrica interna e puntare su scelte che sfruttano l’economia circolare. In quest’ottica, nella ricerca di un futuro sostenibile, vedo gli aeroporti più piccoli avvantaggiati rispetto ai grandi hub.

I “piccoli” scali, infatti, possono adeguarsi con costi e tempi sicuramente ridotti rispetto ai grandi hub, che necessitano di interventi strutturali molto più impegnativi. Si tratta di un vantaggio importante anche alla luce della mancata inclusione nel PNRR della mobilità aerea, scelta che fa mancare il supporto finanziario agli interventi di efficientamento e rinnovamento delle strutture aeroportuali italiane, a prescindere dalla dimensione.

Il PNRR è probabilmente un’occasione persa, ma l’urgenza degli adeguamenti non cambia. Anche la recente COP28 che si è svolta a Dubai tra novembre e dicembre 2023 ha posto l’attenzione su questi temi, arrivando a un accordo per la decarbonizzazione del trasporto aereo. Resta aperto il tema su come finanziare gli interventi. Se mancano i capitali pubblici significa necessariamente che si può contare solo su capitali privati, il che rende il processo un po’ più complicato. Infatti, la leva per ingaggiare potenziali investitori è quasi esclusivamente quella del ritorno economico diretto del loro investimento, escludendo parametri di utilità pubblica o di implementazione di politiche di sviluppo territoriale e nazionale, considerati invece negli investimenti pubblici, al pari dei ritorni diretti. Però, laddove il potenziale di crescita è interessante, gli investitori privati potrebbero essere una soluzione molto positiva. Abbiamo hub medio-piccoli che hanno avuto tassi di crescita di oltre il 100% nel 2022 rispetto ai numeri precedenti alla pandemia.

Sono realtà che potrebbero contribuire in misura rilevante alla crescita e allo sviluppo sostenibile di quei territori che oggi sono ancora ai margini delle grandi direttrici di trasporto. Territori che tuttavia hanno un potenziale turistico importante e, soprattutto, accolgono una buona parte delle piccole e medie imprese presenti lungo la nostra penisola che, ricordiamolo, rappresentano oltre il 99% delle imprese italiane e pesano per il 77% del valore aggiunto nazionale. [https://www.istat.it/storage/rapporti-tematici/imprese2021/Rapportoimprese2021.pdf]

[1] fonte: https://www.bdl.aero/de/publikation/klimaschutzreport/

 


Andrea Mennillo
Fondatore e Direttore Generale, International Development Advisory
Presidente Fordham University London Centre Advisory Board
Presidente Riviera Airport

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La crescita record degli aeroporti locali italiani

La crescita record degli aeroporti locali italiani: la riscoperta di un asset strategico per il Paese?

Il sistema aeroportuale italiano non è solo Malpensa e Fiumicino. Oltre ai grandi hub esistono moltissimi piccoli aeroporti che, a dispetto delle dimensioni, rappresentano per il nostro Paese una risorsa preziosa con un potenziale ancora da esprimere.

Vediamo qualche dato. Nel 2022 sono cresciuti in maniera rilevante i passeggeri in praticamente tutti gli aeroporti di medie e piccole dimensioni (cioè sotto i 15 milioni di passeggeri annui). Una tendenza davvero interessante secondo l’analisi di Assaeroporti che vede proprio gli scali più piccoli crescere in maniera più robusta.

Si pensi che Linate e Bari, classificati come aeroporti tra i 5 e i 15 milioni di passeggeri annuali, hanno visto una crescita di oltre l’11%; mentre gli aeroporti sotto i 5 milioni di passeggeri annui hanno avuto una crescita fino al 13%. Ma sono gli scali “micro” la vera sorpresa, con percentuali di crescita addirittura a tripla cifra: Bolzano, Foggia e Trapani hanno superato il 100% di crescita rispetto ai dati pre-pandemia.

I motivi? Sono scali che si trovano in zone montane o di mare, particolarmente interessanti dal punto di vista turistico. Un punto di forza che li rende un alleato in più per promuovere lo sviluppo di aree del paese oggi ancora poco servite dai trasporti su terra. Gli aeroporti locali possono essere infatti il motore di un cambiamento che coinvolge le realtà minori con un importante margine di crescita. Da questa considerazione si possono aprire interessanti spazi di approfondimento per valutare investimenti diretti al miglioramento di questo tipo di infrastrutture.

Tuttavia, l'opportunità non è solo in termini di potenziale, ma è anche una priorità in termini di sviluppo locale e nazionale. In questo senso, come per qualsiasi altro tipo di investimento, il fattore tempo è una variabile da valutare attentamente, perché interventi infrastrutturali importanti richiedono un tempo tecnico non trascurabile. Si pensi ad esempio ai tempi di realizzazione di un progetto come Masterplan 2035 (il piano di espansione di Malpensa) e all’enorme impatto non solo economico, ma anche sociale, con un obiettivo distante comunque oltre 10 anni, il 2035 appunto.

I 62 “micro” aeroporti sparsi sul territorio italiano hanno invece il grande vantaggio di essere già operativi e dunque richiederebbero solo opere limitate di aggiustamento tecnico dell’esistente, facilmente realizzabili. Cosa che porterebbe occasioni di sviluppo, e quindi ricchezza, alle comunità locali, senza impatti eccessivi sul territorio. Mi riferisco a interventi come l’adattamento delle piste, l’integrazione degli strumenti tecnologici più avanzati, l’allargamento degli hangar o delle aree di accoglienza. Una scelta certamente meno costosa, in termini economici e di tempo che, anzi, potrebbe favorire la nascita di compagnie aeree dedicate ai collegamenti locali - più capillari – su destinazioni non coperte dalle tradizionali compagnie commerciali.

Quello che può sorprendere e forse non tutti sanno è che gli spostamenti tramite aviazione locale non sono servizi necessariamente orientati solo a clienti di alta fascia, ma possono essere un’alternativa accessibile anche per una clientela di fascia “consumer”, che ha necessità di spostarsi in zone oggi poco servite dal trasporto pubblico di terra, ma interessanti per la loro offerta turistica, artistica e culturale o, ancora, per le opportunità imprenditoriali.

In conclusione, rendere più efficiente la rete di trasporti che già abbiamo è una soluzione low cost, low time, low effort. E anche low risk, se ben progettata.

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Finanza, Andrea Mennillo: «Per i giovani non solo competenze tecniche, ma anche empatia e gestione dello stress»

Solo versione italiana
Questo articolo è stato pubblicato da UpDay

Finanza, Andrea Mennillo: «Per i giovani non solo competenze tecniche, ma anche empatia e gestione dello stress»

Non più solo formazione tecnica per i giovani che vogliono una carriera nel settore finanziario. “Servono nuove competenze: di comunicazione inclusiva, di leadership empatica e di gestione dello stress”. Idee molto chiare per Andrea Mennillo, banchiere di investimento di prospettiva internazionale, per anni ai vertici di importanti istituzioni bancarie e finanziarie.

"Il contesto oggi è durissimo, più che in passato. La tecnologia allarga le possibilità, ma allo stesso tempo rende la competizione globale sempre più serrata. Oggi un giovane deve sapere che la propria crescita professionale va rafforzata ogni giorno, interrogandosi su quali saranno le competenze del futuro”, afferma Andrea Mennillo.

Quali competenze devono sviluppare i giovani

"La rapidità dei cambiamenti genera stress e ansia e impatta sulle decisioni, perché pregiudica la capacità di valutazione e la propensione ad agire consapevolmente e responsabilmente", spiega Mennillo che, da diversi anni ormai, si dedica alla crescita degli studenti di economia dell’Università americana di Fordham, in qualità di Chairman di Fordham University in London.

"Un leader deve saper promuovere e mantenere buoni rapporti all’interno del team e nelle relazioni all’esterno se vuole raggiungere obiettivi importanti. Questo perché relazioni positive riducono, anche di molto, gli effetti negativi dello stress che, nel tempo, possono causare un vero e proprio logoramento", continua il banchiere." È già ampiamente dimostrato come le abilità comunicative e relazionali abbiano ricadute importanti sul lavoro, perché la qualità delle relazioni è un fattore strategico, soprattutto per chi opera a livello internazionale”.

Ma a che punto siamo oggi? “Su questi aspetti ci si sta muovendo ancora troppo poco, soprattutto in ambito finanziario”, fa notare Mennillo, che per il futuro vede “percorsi ad hoc che dovrebbero essere introdotti nei piani formativi universitari. Tuttavia, le iniziative di qualità sul mercato sono ancora sporadiche. Da segnalare come ottimo compromesso fra utilità e impegno richiesto è il percorso di Proximity Supporting, proposto da una realtà di nicchia molto innovativa, Kindacom Scrittura Strategica. È interessante perché abbina l’aspetto manageriale a quello psicologico e neuroscientifico, adattandoli alla persona e al contesto in cui opera”, conclude Mennillo.

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exercitia

Leadership in an Evolving World

Solo versione inglese

Opening Speech
15th November 2023 - Fordham University, London

Good evening. I extend to all of you a warm welcome to this important meeting organised by the Fordham London Community.

I am honoured to be the one to open this occasion for discussion, reflection, and shared knowledge. And I am also happy to add my contribution once more to the growth of the new generation of business leaders, via exchanges on highly topical issues, both in professional life and in the environment in which we live.

As we are in this modern and welcoming space, I think about the fact that we are out of harm’s way in this part of the world. No less than a year ago we were wondering about developments in the war in Ukraine, just a short way away from Europe. Today, new pain and uncertainties are caused by the shocks of the conflict in Israel and Palestine.

Every war is a threat, obviously not only to international security but in general also to development, because we live in an interconnected world.

RELATIONSHIPS BETWEEN COUNTRIES AND LEADERSHIP

Sometimes I need to ask myself how it is still possible that international misunderstandings and tensions transform themselves into armed conflicts – especially because of our awareness of how much has been lived through in the past century and in the light of the huge effort that States put into maintaining diplomatic relations aimed at keeping the peace and fostering prosperity.

Let us remember that the purpose of diplomacy is to court neighbourliness and construct positive relationships between countries, but also, today, to conquer the hearts and minds of citizens. This is the precondition for advancing fruitful commercial relations which bring about reciprocal benefits and wellbeing.

In my opinion every armed conflict affects proper contemplation of the profound meaning of relationship and, thus, leadership. Yes, because leadership is a relationship and good relations build trust, which is earned over time when a leader acts with honesty, integrity, and consistency.

We all know that relationships are complex as between individuals as between States. For this reason, relationships require skill, energy, and sensitivity. And care, lots of care.

Moreover, we know that leadership takes on differing meanings in accordance with the era. Different schools of thought in the past had fixed reference points dictated mostly by force and authority.

For example the RealPolitik of the late 1800’s, where States were influenced by each one’s power and war was a tool for a political objective (which was epitomised by the ancient saying “Ubi maior, minor cessat” – “the weak capitulate before the strong”).

It is clear that such a model is now far from the present concept of relations built rather on collaboration.

LEADERSHIP TODAY ACCORDING TO ST.IGNATIUS’ TEACHINGS

Let us look at this in greater detail.

A leader has to take account of an infinite number of variables. Thus, amongst the essential qualities of today’s decision-makers, in politics and in business, there must be the capacity to assess objective elements and keep one’s nerve even in situations of extreme tension.

In other words, being clear-headed and capable of good judgment, or to choose with perception and to act with effectiveness and responsibility.

The thrust of St Ignatius’ teachings is that he who seeks to become leader must be ready to fortify his mind, temper his character and overcome uncertainties and fears.

But today, a leader must also know how to involve his team and the community implicated. That means encouraging cooperation towards a common goal and promoting a sense of unity.

Thus, it is no longer a question of making a decision but also communicating and sharing.

The quality of relationships actually leads to protection in times of uncertainty and stimulates collective efforts to overcome the problem.

CONCLUSION

Perceptiveness, devotion, and vision are the principal characteristics we see in today’s leadership.

I add to these sentiments another two: ethics and the future.

Ethics. A factor which cannot be ignored because values play a determining role in relationships. In a world exemplified by complexity and interconnectivity, ethics becomes the glue which can hold persons, communities, and States together. In the financial world, ethics assumes a significance associated with justice, solidarity, truth, and inclusivity. Values ensure progress that truly respects human dignity.

The Future. And here I would like to give a thought to the youth. It is to them that this university wishes to pass on the skills and principles which, we hope, will be applied during the course of their professional and personal lives.

You will be the new business leaders and must shoulder the burdens of important responsibilities. However, I repeat, you must be the first to see the future, with the possibility of changing things for the better. You must be the guardians of constructive relationships, adopting “a new way of speaking” which is more universal, which encourages unity between people rather than mistrust.

Create a culture of peace passed on from one to another.

So, what should we do? Anna Frank, while hidden in Amsterdam, wrote: “Mankind has an impulse towards destruction, towards slaughter, assassination and rage, and unless all mankind, without exception, undergoes a metamorphosis, war will engulf us all…”

So: we want you to be the metamorphosis. In fact, to reconstruct the fabric of human relations and become advocates for peace working towards change. And a choice intimately linked to ethics and the start of a dynamic process, aimed at building peace.

Dear young friends, I impart these thoughts to you, with the wish that they may fall on fertile ground. I now hand over to the other honourable guests who will further enrich the debate.

Thank you and I wish you all a fruitful evening building positive connections!

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Empatia e gestione dello stress, così aiuto i giovani a costruire una finanza più responsabile

Mennillo: «Empatia e gestione dello stress, così aiuto i giovani a costruire una finanza più responsabile»

Solo versione italiana
Questo articolo è stato pubblicato da Il Corriere - Economia

Mennillo: «Empatia e gestione dello stress, così aiuto i giovani a costruire una finanza più responsabile»

«La finanza sta cambiando velocemente. La tecnologia apre nuovi spazi e la competizione globale è sempre più serrata. Servono quindi nuove competenze per i giovani che si affacciano a questo mondo: essere capaci di comunicare in maniera inclusiva, avere una leadership empatica e saper gestire lo stress». Non occorre più solo una formazione specifica, dunque. Andrea Mennillo, classe 1962, è un banchiere di investimento di lungo corso: per molti anni ai vertici di importanti istituzioni finanziarie (gruppo Banca Popolare di Brescia, poi divenuto Bipop-Carire e de La Centrale Finanziaria Generale, la più antica holding finanziaria in Italia) , racconta la sua esperienza per sensibilizzare i giovani, sottolineando come sia «cruciale rafforzarsi continuamente nel corso della propria crescita professionale».

Le qualità umane che deve avere un leader
«Il rischio è endemico nel settore della finanza. Sommato alla rapidità dei cambiamenti, non può che portare ansia e stress in coloro che ogni giorno devono prendere decisioni, pregiudicandone la capacità di valutazione e la propensione ad agire consapevolmente», spiega Mennillo che, oltre a occuparsi di finanza internazionale, si dedica come mentore alla crescita degli studenti di economia dell’università americana di Fordham, in qualità di Chairman di Fordham University London. «Una strategia che ritengo indispensabile per un leader è il saper promuovere e mantenere buoni rapporti all’interno del team di lavoro e nelle relazioni all’esterno. Questo perché relazioni interpersonali positive riducono, anche di molto, gli effetti negativi dello stress che, a lungo andare, possono causare un vero e proprio logoramento — precisa il banchiere —. Le ricadute sui risultati di queste abilità sono ampiamente dimostrate». I rapporti umani e quotidiani tra persone che condividono lo stesso ambiente o lo stesso lavoro non sono un aspetto secondario rispetto alla conoscenza del mercato azionario od obbligazionario: «La qualità delle relazioni è oggi una risorsa strategica, indispensabile per raggiungere obiettivi importanti».

«Dovrebbero essere introdotti percorsi formativi ad hoc»
Sullo stato dell’arte, però, osserva che «su questi aspetti ci si sta muovendo ancora poco, soprattutto in ambito finanziario». Sui passi futuri, Mennillo ha le idee molto chiare: «A mio parere, dovrebbero essere introdotti percorsi ad hoc nei piani formativi universitari. Sul mercato però le iniziative di qualità sono ancora sporadiche. L’ultima, a cui mi sono approcciato e che mi sembra un ottimo compromesso, è il percorso di Proximity Supporting, realizzato da una realtà di nicchia molto innovativa, Kindacom Scrittura Strategica. È interessante perché abbina l’aspetto manageriale a quello psicologico e neuroscientifico, adattandoli alla persona e al suo contesto quotidiano».


Intelligenza artificiale e pensiero

Intelligenza artificiale e pensiero umano: competizione o collaborazione?

L’intelligenza artificiale è un cambiamento epocale nel paradigma dell’essere umano. Le macchine che “pensano” sono una novità che dovremo imparare a conoscere, oltre che una grande opportunità, con un impatto sul mondo del lavoro estremamente rilevante: si stima che negli USA l’80% dei lavori sarà modificato in maniera considerevole a causa dell’IA.

Il dibattito è ovviamente molto vivo. Una platea ampissima di soggetti è incuriosita dalla novità, ma giustamente gli operatori si chiedono quali siano i benefici, i rischi e le implicazioni pratiche nonché filosofiche. 

L’intelligenza artificiale offre la possibilità di rendere maggiormente efficienti un’infinità di processi, in particolare quelli più facilmente automatizzabili. La capacità di processare una grande quantità di dati e informazioni può velocizzare l’iter e ridurre o azzerare il margine di errore. Vien da sé che gli ambiti in cui si può utilizzare sono numerosissimi. Fra questi, ad esempio, la cyber security.

Con l’IA, infatti, il numero di attacchi informatici è praticamente raddoppiato, da oltre 560 al secondo a livello globale a circa 1.290 al secondo (Fonte: RSA Conference 2023). La stessa intelligenza artificiale è però anche un’arma di difesa, perché le strategie basate su monitoraggio, rilevamento e risposta sono più evolute e, in particolare, è aumentata la capacità di anticipare gli eventi, automatizzando l’individuazione di eventuali comportamenti sospetti.

Per quanto l’applicazione pratica sia affascinante, un aspetto cruciale del dibattito riguarda l’interazione tra intelligenza umana e intelligenza artificiale. Dobbiamo infatti considerare che, come tutte le tecnologie, anche l’IA evolve a un ritmo molto più veloce rispetto ai tempi di adattamento dell’essere umano e il modo in cui ci rapportiamo a questo strumento richiede quindi un'attenta valutazione. 

Quale sarà l’equilibrio? Mi associo a quanti vedono l’intelligenza artificiale un supporto all’umano al fine di integrarne l’operato e aumentarne l’efficacia, piuttosto che un sostituto dell’intelligenza umana.

Dovremo studiarla, farci le giuste domande ed acquisire le competenze necessarie per avere un approccio attivo all’utilizzo di questa epocale novità e non essere dei semplici spettatori e utilizzatori passivi che delegano il pensiero a una macchina. Il modo di “pensare” di una IA è inevitabilmente meccanicistico e quindi limitato rispetto alla nostra capacità di comprendere il contesto e le sue sfumature.

Si tratta comunque di un’opportunità di conoscenza e un’occasione di riflessione uniche, innanzitutto a livello individuale, ma anche più in generale sul ruolo dell’essere umano nell’epoca contemporanea. Consapevoli che la nostra azione di indirizzo e controllo continuerà ad essere insostituibile. Perché, in fin dei conti, l’intelligenza artificiale non è poi così “intelligente” come sembra a un primo sguardo e, in ogni caso, non potrà esistere senza il pensiero e l’azione dell’uomo.

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Turisti in arrivo, trasporti a rilento.

Turisti in arrivo, trasporti a rilento. A che punto siamo?

Il turismo nel 2023 ha toccato picchi sorprendenti già nei primi mesi dell’anno, per poi arrivare a livelli ancor più elevati nei mesi estivi. Le previsioni stimano in circa 442 milioni i pernottamenti nell’intero 2023, il che vorrebbe dire un ritorno ai livelli pre-pandemia con addirittura un anno e mezzo di anticipo.

Una sorpresa senza dubbio positiva, ma alla luce anche delle notizie che spesso hanno messo in evidenza la carenza dei servizi a supporto del turista, viene da chiedersi fino a che punto le nostre infrastrutture e soprattutto il nostro sistema dei trasporti siano realmente pronti a far fronte a flussi turistici così importanti. 

Vediamo qualche dato: in Italia, nei primi quattro mesi del 2023 i turisti stranieri sono stati 12,7 milioni, facendo registrare un +42% rispetto al 2022 (dati Istat e Eurostat), mentre in Spagna e Francia, la crescita si è “fermata” al 25 e 23%. E, dopo una pandemia che ha radicalmente cambiato abitudini e approcci alla vita, ci sono tutti i presupposti per pensare che si tratti di un aumento strutturale e non di un semplice rimbalzo temporaneo. Infatti, le tendenze sociali dietro agli spostamenti, sembrano parlar chiaro: i giovani cercano di recuperare velocemente il tempo perduto, mentre i più anziani vogliono vivere più intensamente il tempo a venire. Tutti, nel complesso, vogliono godere del presente, consapevoli che ciò che oggi diamo per scontato potrebbe in realtà non esserlo più, come se si vivesse nell’incertezza causata da una costante “pandemia latente”.

I dati spingono quindi a riflettere, in particolare sulla nostra rete di trasporti: siamo pronti a ospitare così tanti turisti, di cui molti dall’estero? Guardando ad alcuni avvenimenti di cronaca, sembrerebbe di no: ad esempio, nelle città, non solo in quelle turistiche, si legge di servizi pubblici inefficienti e/o insufficienti, ma anche di strade bloccate in molte località di mare rinomate, come la Costiera Amalfitana. Carenze che risultano ancora più preoccupanti se consideriamo che oltre ai flussi turistici, il nostro sistema dei trasporti deve essere in grado di assorbire il traffico di chi si sposta per lavoro.

Il sistema di trasporti è composto da: 

  1. Mezzi, come aerei, treni, auto, navi
  2. Infrastrutture, come strade, stazioni, porti e aeroporti
  3. Società di gestione dei servizi di trasporto e delle infrastrutture 

Un sistema efficiente deve saper coordinare in un’architettura ottimale questi tre elementi, al fine di offrire il miglior servizio a turisti e lavoratori. Purtroppo, ad oggi, le nostre infrastrutture di trasporto presentano alcune falle che andrebbero colmate velocemente.

Come risolvere il problema? Da un lato il PNRR ha stanziato fondi che, almeno nel medio periodo, possono contribuire a dare una svolta sostanziale. Si tratta del Connecting Europe Facility, il programma che destina 400 milioni al miglioramento delle reti transeuropee dei trasporti. Un progetto che si muove nella giusta direzione ma che, da solo, non può risolvere del tutto il problema. Nel piano non sono infatti inclusi gli aeroporti e i tempi di adeguamento delle infrastrutture, per definizione medio-lunghi, sono incompatibili con una soluzione rapida. 

In situazioni come questa, vedo come via di uscita realizzabile in tempi brevi e con uno sforzo limitato, la valorizzazione di quella parte del patrimonio infrastrutturale che al momento è sottoutilizzata e che invece potrebbe essere un prezioso supporto se sfruttata a pieno. Mi riferisco in particolare alla fitta rete di aeroporti minori presenti sul territorio – ben 62 – spesso in zone del Paese poco servite dalla rete di trasporto principale. Si tratta di strutture di minore portata in termini quantitativi, ma già operative e con un potenziale ancora non utilizzato. 

 Si pensi nel concreto ai limiti logistici che attualmente si riscontrano in tante regioni d’Italia: il carente collegamento tra il nord e il centro e gli snodi ancora troppo trafficati come ad esempio Bologna; i collegamenti con la Francia, condizionati dal traffico della Liguria e dai limiti dei trafori; la scarsa capillarità della rete stradale e ferroviaria nel sud Italia e la mancanza di alcune tratte di volo, anche brevi, ma potenzialmente fondamentali per alleggerire il traffico via terra. Questi elementi oggettivi dimostrano quanto il problema sia reale e con esso il bisogno di una soluzione.

La consapevolezza che il sistema aeroportuale italiano non sia composto solo dai grandi hub può essere il punto di partenza. I benefici sono numerosi, non solo per il turismo, ma per l’economia nel suo complesso, grazie alla ricca rete di relazioni e di affari che le vie di comunicazione hanno da sempre creato. Le soluzioni ci sono e guardano tanto al breve quanto al medio-lungo periodo, ma l’urgenza è anzitutto utilizzare al meglio ciò che già abbiamo, anche per recuperare investimenti fatti in passato e farli fruttare al meglio, con un approccio sinergico che dia riscontri immediati.

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Una riflessione etica sulla finanza, fra rendimento, giustizia e verità

Una riflessione etica sulla finanza, fra rendimento, giustizia e verità

Fin troppo spesso la finanza è stata dipinta, o anche solo percepita, specialmente dai non addetti ai lavori, come un oscuro meccanismo speculativo, che da tempo ha abbandonato il suo ruolo di strumento al servizio dell’economia reale. 

In questo senso, non ha aiutato il repentino processo di globalizzazione e di integrazione tra sistemi finanziari ed economici che, negli ultimi decenni, ha condizionato e modificato drasticamente, “nel bene e nel male”, le condizioni di vita di ampie fasce di popolazione. L’affermazione di grandi economie emergenti, quali la Cina, l’India e il Brasile, ha messo in luce, modelli di sviluppo disomogenei, generatori di importanti disuguaglianze sociali. 

Mai come adesso, grazie al raggiungimento delle nuove frontiere della tecnologia digitale, tra robotica, intelligenza artificiale, big data, e automazione dei processi, si aprono spazi nuovi anche per la finanza, parte della quale, però, agisce protetta dall’ambiente “virtuale”, ancora poco trasparente e poco accessibile all’informazione. 

Di questo processo è un esempio emblematico il proliferare delle criptovalute come i bit-coin, veri e propri sistemi monetari digitali “a volte garantiti, a volte no”, usati sia come mezzo di scambio sia come investimento, in grado di definire una nuova realtà al servizio della finanza. Ma, a questo punto, mi chiedo come sia possibile conciliare le opportunità offerte dalla tecnologia a beneficio dei processi finanziari con i principi etici e morali a salvaguardia della persona.

In altre parole, quali sono i vantaggi da cogliere e i rischi da correre, affinché la finanza abbia un impatto più costruttivo sulla vita e sulla società? 

  

A questa domanda ha in parte risposto la Santa Sede qualche anno fa, esprimendo il suo parere attraverso il documento “Oeconomicae et pecuniariae quaestiones”, dove si esplorano gli effetti delle attività economiche e finanziarie sulla vita dell’uomo e si offrono importanti considerazioni che promuovono il discernimento etico. 

“...infatti, la razionalità umana cerca nella verità e nella giustizia quel solido fondamento su cui appoggiare il suo operare, nel presentimento che senza di esso verrebbe meno anche il suo stesso orientamento.”
Cit. doc.

Il retaggio gesuita di Fordham sposa appieno gli spunti condivisi in questo documento, dai quali emerge l’esigenza imprescindibile che l’operato di un vero leader sia contraddistinto da un “sentito” discernimento illuminante.  

La mission è trasmettere ai propri studenti, futuri leader, che andranno a ricoprire cariche di rilievo in ambito finanziario, valori che orientino la ricerca del rendimento in modo socialmente responsabile, ovvero rivolgendo l’attenzione verso scopi etici. Questo significa abbandonare un atteggiamento puramente speculativo nella ricerca del profitto per individuare buone pratiche di investimento senza mai prescindere da una vera assunzione di responsabilità. La “finanza etica” non è solo un concetto filosofico-teorico difficilmente realizzabile, ma un obiettivo concreto verso il quale tutti dovrebbero tendere.

Condivido il messaggio della Dottrina sociale della Chiesa che fa riferimento all’etica della finanza, dove il termine “etica” è considerato un componente intrinseco del paradigma finanziario e non una appendice che ne definisca semplicemente una peculiarità. 

“…che l’etica appartiene alla finanza come qualcosa di suo e che nasce dal suo stesso interno. Essa non si aggiunge dopo, ma emana da un intimo bisogno della stessa finanza di perseguire i propri obiettivi, dato che anche quest’ultima è un’attività umana.
Cit. doc.

Anche se con tutte le difficoltà del caso, in Europa il vento della sensibilizzazione a favore di una finanza più etica sta già soffiando da tempo nella direzione giusta in molti modi, che vanno dall’esclusione di alcuni settori (come armi o pornografia, fonti energetiche non rinnovabili, aziende non sostenibili), fino alla selezione degli investimenti sulla base del rating di sostenibilità ESG dei singoli emittenti. Una novità interessante è la diffusione sul mercato di fondi che investono specificamente sulla base di principi cattolici, così come definiti dagli organismi episcopali, che considerano fra gli altri, i diritti politici e civili, la corruzione, la libertà politica in un determinato Paese. 

Giustizia, solidarietà, verità e inclusione, dovrebbero sempre rispecchiare l’operato della finanza; solo così, il progresso può veramente essere definito tale, fondato cioè su una collettività eticamente rispettosa della dignità umana.

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