Il sistema aeroportuale italiano non è solo Malpensa e Fiumicino. Oltre ai grandi hub esistono moltissimi piccoli aeroporti che, a dispetto delle dimensioni, rappresentano per il nostro Paese una risorsa preziosa con un potenziale ancora da esprimere.

Vediamo qualche dato. Nel 2022 sono cresciuti in maniera rilevante i passeggeri in praticamente tutti gli aeroporti di medie e piccole dimensioni (cioè sotto i 15 milioni di passeggeri annui). Una tendenza davvero interessante secondo l’analisi di Assaeroporti che vede proprio gli scali più piccoli crescere in maniera più robusta.

Si pensi che Linate e Bari, classificati come aeroporti tra i 5 e i 15 milioni di passeggeri annuali, hanno visto una crescita di oltre l’11%; mentre gli aeroporti sotto i 5 milioni di passeggeri annui hanno avuto una crescita fino al 13%. Ma sono gli scali “micro” la vera sorpresa, con percentuali di crescita addirittura a tripla cifra: Bolzano, Foggia e Trapani hanno superato il 100% di crescita rispetto ai dati pre-pandemia.

I motivi? Sono scali che si trovano in zone montane o di mare, particolarmente interessanti dal punto di vista turistico. Un punto di forza che li rende un alleato in più per promuovere lo sviluppo di aree del paese oggi ancora poco servite dai trasporti su terra. Gli aeroporti locali possono essere infatti il motore di un cambiamento che coinvolge le realtà minori con un importante margine di crescita. Da questa considerazione si possono aprire interessanti spazi di approfondimento per valutare investimenti diretti al miglioramento di questo tipo di infrastrutture.

Tuttavia, l’opportunità non è solo in termini di potenziale, ma è anche una priorità in termini di sviluppo locale e nazionale. In questo senso, come per qualsiasi altro tipo di investimento, il fattore tempo è una variabile da valutare attentamente, perché interventi infrastrutturali importanti richiedono un tempo tecnico non trascurabile. Si pensi ad esempio ai tempi di realizzazione di un progetto come Masterplan 2035 (il piano di espansione di Malpensa) e all’enorme impatto non solo economico, ma anche sociale, con un obiettivo distante comunque oltre 10 anni, il 2035 appunto.

I 62 “micro” aeroporti sparsi sul territorio italiano hanno invece il grande vantaggio di essere già operativi e dunque richiederebbero solo opere limitate di aggiustamento tecnico dell’esistente, facilmente realizzabili. Cosa che porterebbe occasioni di sviluppo, e quindi ricchezza, alle comunità locali, senza impatti eccessivi sul territorio. Mi riferisco a interventi come l’adattamento delle piste, l’integrazione degli strumenti tecnologici più avanzati, l’allargamento degli hangar o delle aree di accoglienza. Una scelta certamente meno costosa, in termini economici e di tempo che, anzi, potrebbe favorire la nascita di compagnie aeree dedicate ai collegamenti locali – più capillari – su destinazioni non coperte dalle tradizionali compagnie commerciali.

Quello che può sorprendere e forse non tutti sanno è che gli spostamenti tramite aviazione locale non sono servizi necessariamente orientati solo a clienti di alta fascia, ma possono essere un’alternativa accessibile anche per una clientela di fascia “consumer”, che ha necessità di spostarsi in zone oggi poco servite dal trasporto pubblico di terra, ma interessanti per la loro offerta turistica, artistica e culturale o, ancora, per le opportunità imprenditoriali.

In conclusione, rendere più efficiente la rete di trasporti che già abbiamo è una soluzione low cost, low time, low effort. E anche low risk, se ben progettata.

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