Fin troppo spesso la finanza è stata dipinta, o anche solo percepita, specialmente dai non addetti ai lavori, come un oscuro meccanismo speculativo, che da tempo ha abbandonato il suo ruolo di strumento al servizio dell’economia reale. 

In questo senso, non ha aiutato il repentino processo di globalizzazione e di integrazione tra sistemi finanziari ed economici che, negli ultimi decenni, ha condizionato e modificato drasticamente, “nel bene e nel male”, le condizioni di vita di ampie fasce di popolazione. L’affermazione di grandi economie emergenti, quali la Cina, l’India e il Brasile, ha messo in luce, modelli di sviluppo disomogenei, generatori di importanti disuguaglianze sociali. 

Mai come adesso, grazie al raggiungimento delle nuove frontiere della tecnologia digitale, tra robotica, intelligenza artificiale, big data, e automazione dei processi, si aprono spazi nuovi anche per la finanza, parte della quale, però, agisce protetta dall’ambiente “virtuale”, ancora poco trasparente e poco accessibile all’informazione. 

Di questo processo è un esempio emblematico il proliferare delle criptovalute come i bit-coin, veri e propri sistemi monetari digitali “a volte garantiti, a volte no”, usati sia come mezzo di scambio sia come investimento, in grado di definire una nuova realtà al servizio della finanza. Ma, a questo punto, mi chiedo come sia possibile conciliare le opportunità offerte dalla tecnologia a beneficio dei processi finanziari con i principi etici e morali a salvaguardia della persona.

In altre parole, quali sono i vantaggi da cogliere e i rischi da correre, affinché la finanza abbia un impatto più costruttivo sulla vita e sulla società? 

  

A questa domanda ha in parte risposto la Santa Sede qualche anno fa, esprimendo il suo parere attraverso il documento “Oeconomicae et pecuniariae quaestiones”, dove si esplorano gli effetti delle attività economiche e finanziarie sulla vita dell’uomo e si offrono importanti considerazioni che promuovono il discernimento etico. 

“…infatti, la razionalità umana cerca nella verità e nella giustizia quel solido fondamento su cui appoggiare il suo operare, nel presentimento che senza di esso verrebbe meno anche il suo stesso orientamento.”
Cit. doc.

Il retaggio gesuita di Fordham sposa appieno gli spunti condivisi in questo documento, dai quali emerge l’esigenza imprescindibile che l’operato di un vero leader sia contraddistinto da un “sentito” discernimento illuminante.  

La mission è trasmettere ai propri studenti, futuri leader, che andranno a ricoprire cariche di rilievo in ambito finanziario, valori che orientino la ricerca del rendimento in modo socialmente responsabile, ovvero rivolgendo l’attenzione verso scopi etici. Questo significa abbandonare un atteggiamento puramente speculativo nella ricerca del profitto per individuare buone pratiche di investimento senza mai prescindere da una vera assunzione di responsabilità. La “finanza etica” non è solo un concetto filosofico-teorico difficilmente realizzabile, ma un obiettivo concreto verso il quale tutti dovrebbero tendere.

Condivido il messaggio della Dottrina sociale della Chiesa che fa riferimento all’etica della finanza, dove il termine “etica” è considerato un componente intrinseco del paradigma finanziario e non una appendice che ne definisca semplicemente una peculiarità. 

“…che l’etica appartiene alla finanza come qualcosa di suo e che nasce dal suo stesso interno. Essa non si aggiunge dopo, ma emana da un intimo bisogno della stessa finanza di perseguire i propri obiettivi, dato che anche quest’ultima è un’attività umana.
Cit. doc.

Anche se con tutte le difficoltà del caso, in Europa il vento della sensibilizzazione a favore di una finanza più etica sta già soffiando da tempo nella direzione giusta in molti modi, che vanno dall’esclusione di alcuni settori (come armi o pornografia, fonti energetiche non rinnovabili, aziende non sostenibili), fino alla selezione degli investimenti sulla base del rating di sostenibilità ESG dei singoli emittenti. Una novità interessante è la diffusione sul mercato di fondi che investono specificamente sulla base di principi cattolici, così come definiti dagli organismi episcopali, che considerano fra gli altri, i diritti politici e civili, la corruzione, la libertà politica in un determinato Paese. 

Giustizia, solidarietà, verità e inclusione, dovrebbero sempre rispecchiare l’operato della finanza; solo così, il progresso può veramente essere definito tale, fondato cioè su una collettività eticamente rispettosa della dignità umana.

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