Il turismo nel 2023 ha toccato picchi sorprendenti già nei primi mesi dell’anno, per poi arrivare a livelli ancor più elevati nei mesi estivi. Le previsioni stimano in circa 442 milioni i pernottamenti nell’intero 2023, il che vorrebbe dire un ritorno ai livelli pre-pandemia con addirittura un anno e mezzo di anticipo.

Una sorpresa senza dubbio positiva, ma alla luce anche delle notizie che spesso hanno messo in evidenza la carenza dei servizi a supporto del turista, viene da chiedersi fino a che punto le nostre infrastrutture e soprattutto il nostro sistema dei trasporti siano realmente pronti a far fronte a flussi turistici così importanti. 

Vediamo qualche dato: in Italia, nei primi quattro mesi del 2023 i turisti stranieri sono stati 12,7 milioni, facendo registrare un +42% rispetto al 2022 (dati Istat e Eurostat), mentre in Spagna e Francia, la crescita si è “fermata” al 25 e 23%. E, dopo una pandemia che ha radicalmente cambiato abitudini e approcci alla vita, ci sono tutti i presupposti per pensare che si tratti di un aumento strutturale e non di un semplice rimbalzo temporaneo. Infatti, le tendenze sociali dietro agli spostamenti, sembrano parlar chiaro: i giovani cercano di recuperare velocemente il tempo perduto, mentre i più anziani vogliono vivere più intensamente il tempo a venire. Tutti, nel complesso, vogliono godere del presente, consapevoli che ciò che oggi diamo per scontato potrebbe in realtà non esserlo più, come se si vivesse nell’incertezza causata da una costante “pandemia latente”.

I dati spingono quindi a riflettere, in particolare sulla nostra rete di trasporti: siamo pronti a ospitare così tanti turisti, di cui molti dall’estero? Guardando ad alcuni avvenimenti di cronaca, sembrerebbe di no: ad esempio, nelle città, non solo in quelle turistiche, si legge di servizi pubblici inefficienti e/o insufficienti, ma anche di strade bloccate in molte località di mare rinomate, come la Costiera Amalfitana. Carenze che risultano ancora più preoccupanti se consideriamo che oltre ai flussi turistici, il nostro sistema dei trasporti deve essere in grado di assorbire il traffico di chi si sposta per lavoro.

Il sistema di trasporti è composto da: 

  1. Mezzi, come aerei, treni, auto, navi
  2. Infrastrutture, come strade, stazioni, porti e aeroporti
  3. Società di gestione dei servizi di trasporto e delle infrastrutture 

Un sistema efficiente deve saper coordinare in un’architettura ottimale questi tre elementi, al fine di offrire il miglior servizio a turisti e lavoratori. Purtroppo, ad oggi, le nostre infrastrutture di trasporto presentano alcune falle che andrebbero colmate velocemente.

Come risolvere il problema? Da un lato il PNRR ha stanziato fondi che, almeno nel medio periodo, possono contribuire a dare una svolta sostanziale. Si tratta del Connecting Europe Facility, il programma che destina 400 milioni al miglioramento delle reti transeuropee dei trasporti. Un progetto che si muove nella giusta direzione ma che, da solo, non può risolvere del tutto il problema. Nel piano non sono infatti inclusi gli aeroporti e i tempi di adeguamento delle infrastrutture, per definizione medio-lunghi, sono incompatibili con una soluzione rapida. 

In situazioni come questa, vedo come via di uscita realizzabile in tempi brevi e con uno sforzo limitato, la valorizzazione di quella parte del patrimonio infrastrutturale che al momento è sottoutilizzata e che invece potrebbe essere un prezioso supporto se sfruttata a pieno. Mi riferisco in particolare alla fitta rete di aeroporti minori presenti sul territorio – ben 62 – spesso in zone del Paese poco servite dalla rete di trasporto principale. Si tratta di strutture di minore portata in termini quantitativi, ma già operative e con un potenziale ancora non utilizzato. 

 Si pensi nel concreto ai limiti logistici che attualmente si riscontrano in tante regioni d’Italia: il carente collegamento tra il nord e il centro e gli snodi ancora troppo trafficati come ad esempio Bologna; i collegamenti con la Francia, condizionati dal traffico della Liguria e dai limiti dei trafori; la scarsa capillarità della rete stradale e ferroviaria nel sud Italia e la mancanza di alcune tratte di volo, anche brevi, ma potenzialmente fondamentali per alleggerire il traffico via terra. Questi elementi oggettivi dimostrano quanto il problema sia reale e con esso il bisogno di una soluzione.

La consapevolezza che il sistema aeroportuale italiano non sia composto solo dai grandi hub può essere il punto di partenza. I benefici sono numerosi, non solo per il turismo, ma per l’economia nel suo complesso, grazie alla ricca rete di relazioni e di affari che le vie di comunicazione hanno da sempre creato. Le soluzioni ci sono e guardano tanto al breve quanto al medio-lungo periodo, ma l’urgenza è anzitutto utilizzare al meglio ciò che già abbiamo, anche per recuperare investimenti fatti in passato e farli fruttare al meglio, con un approccio sinergico che dia riscontri immediati.

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