Il Forum Ambrosetti da poco conclusosi a Cernobbio ha portato ancora una volta all’attenzione del pubblico internazionale i grandi temi del momento, dalla complessità dello scacchiere geopolitico e i timori di stagflazione economica, fino ai rischi e alle soluzioni per il futuro.

Sono convinto che, in un quadro mai così complicato come quello attuale, il ruolo degli investimenti rimarrà un punto fermo. La domanda è sempre la stessa: come stimolare, ma anche canalizzare in modo efficiente le risorse finanziarie verso attività economiche profittevoli?

A questo proposito, vorrei dedicare un breve approfondimento a uno strumento di investimento molto interessante, già da tempo attivo sul mercato americano, ma forse ancora in penombra su quello europeo. É la SPAC, acronimo di Special Purpose Acquisition Company. Si tratta di una modalità di investimento simile al classico Private Equity, ma molto più flessibile, che proprio per questo motivo, sta prendendo sempre più piede negli States.

Malgrado sia uno strumento presente già da qualche anno, il mercato europeo, si dimostra ancora tiepido rispetto a questa modalità di investimento. Non lo dicono solo i numeri, nettamente sottodimensionati in Italia e in Europa rispetto agli USA, ma anche l’attenzione data alle SPAC. Sebbene esistano dal 2005 e siano arrivate in Italia nel 2011, non sono mai state al centro del dibattito finanziario.

Difficile dire a cosa sia dovuta la freddezza verso le SPAC. É uno strumento che offre diversi vantaggi, a fronte dei rischi tipici di ogni investimento in realtà ad alto potenziale di crescita e a forte asimmetria informativa. Va detto che gli unici elementi in grado di determinare il grado di rischio dell’operazione intrapresa tramite la SPAC, sono, da un lato le competenze dei promotori dell’investimento, dall’altro, la solidità del legame di fiducia nei confronti dei soci promotori, chiamati ad essere figure credibili e responsabili, soprattutto nella scelta della società target. Non a caso, spesso, il promotore è un singolo professionista dotato di grande esperienza e di un’ottima reputazione sul mercato.

La SPAC è un veicolo che ha l’obiettivo di aggregare investitori per realizzare investimenti in una o più società target. Il processo vede quattro passaggi: la costituzione della SPAC sulla base di un progetto proposto dal promotore (o dai promotori), la realizzazione dell’IPO per la raccolta dei capitali, la ricerca della società target e infine l’operazione vera e propria di investimento. L’ultimo passaggio potrebbe anche non avvenire, nel caso in cui non vi sia più il necessario consenso fra i soci o vi siano problemi con la società target. Ancora una volta vediamo come sia determinante affidarsi a figure autorevoli in questo ambito, capaci di operare in maniera oculata e il più possibile redditizia.

Forse, l’Europa e l’Italia non sono ancora pronte a fare questo salto, ma la strada è sicuramente quella già tracciata dagli Stati Uniti, in cui il 50% delle IPO riguarda le SPAC. Un dato decisamente grande che dimostra la portata potenziale del fenomeno anche per il Vecchio Continente.

Nel momento in cui ci troviamo, con una guerra alle porte dell’Europa, il prezzo delle materie prime energetiche praticamente fuori controllo e una crescita economica diventata un grande punto di domanda, la SPAC rappresenta una freccia un più che è bene non lasciare inutilizzata.

Ancora una volta, l’esperienza degli States ci può venire in aiuto e può essere di esempio per il contesto europeo, senza dimenticare però che sono sempre competenze e fiducia a fare la differenza. E la fiducia non può prescindere da una buona reputazione, sostanziata da azioni concrete.

Vai al PDF